新精神馆

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《现代的预示-对重建博洛尼亚“新精神”展馆的思考》
本文的目的,基于显而易见的经济性和复杂性,当然并不打算概括瑞士大师勒·柯布西耶在四十年前所完成的作品之一,这个同时也是他的一项最具象征意义和最具挑战性的作品:博洛尼亚的“新精神”展馆。在深入讨论这个问题之前,为了更好地阐明作品所处的环境,我们先思考一下自五十年代末以来博洛尼亚发生的一些重要的城市和文化变革。1955年是一个关键的年份,当地政府制定了新的城市规划作为应对博洛尼亚郊区无序增长的重要工具,从而开启了当地建筑和城市规划的繁荣时期之一。同年九月,在首届全国宗教建筑大会上,来自布鲁诺·泽维、路多维科·夸罗尼、阿达尔贝托·利贝拉、路易吉·费吉尼等大师,以及沃尔特·格罗皮乌斯、阿尔瓦·阿尔托和柯布西耶本人等欧洲建筑运动的先驱,聚集在一起,共同设计新的宗教建筑。不管委托的建筑是什么,这个事件都预示着博洛尼亚市政府即将迈出的步伐,尤其是在选择自己的成员方面 - 比如列昂纳多·贝内沃洛和朱塞佩·坎波斯·文努蒂等人,以及已经熟悉现代主义教义的建筑师们,比如肯佐·丹格和马塞尔·布罗耶。距离基础设施计划开始不到十年的时间,1963年,柯布西耶接受了为博洛尼亚市设计新的宗教建筑的委托,但由于他于1965年8月去世,这个项目从未完成。重要的是,国际会议“与工业化进程相关的当代建筑和城市规划问题”,为城市发展的基本节点设计了建筑任务。会议的核心主题围绕着建筑产品与自动化和大规模生产过程之间的二元对立展开,这正是“新精神”展馆的两个显著特征。最后,不容忽视的是 Parametro 杂志的作用,该杂志在大约三十年的研究和出版活动中,成为了米兰和罗马著名杂志的权威替代品。尤其是在70年代和80年代,Parametro 杂志通过阅读和解释变革的迹象,收集了完全脱离大城市知识消费主义的现代主义脉搏。在这种文化激荡和激烈的理论辩论氛围中,朱利亚诺和格劳科·格雷斯莱里的直觉,提出了在博洛尼亚重建柯布西耶为1925年巴黎世博会所建造的展馆的项目。如果我们暂时忽略了单纯的可重复分类的教学概念,那么就有可能看到展馆的真正本质。简单而全面地说,我们可以说整个设计过程围绕着三个基本方面展开:原型、容器的意识形态化和系列产品与独特制品之间的二元对立。关于第一个概念,我们应该谈论的不是“一系列后续建筑中的第一个实例,通常是手工制作的,具有标准尺寸,可以进行测试和改进”的概念,而是现代建筑的原型。尽管不是完全一致,
但“新精神”展馆代表了一种独特的居住机器,完全可以按照系列化和模块化的方式复制。这个概念的矛盾性将勒·柯布西耶的诗意建筑美学与产品的高度复制能力、低成本生产以及模块化构图的内在特性相结合。至于第二点,内容的意识形态化体现在内部装饰和布局的研究中。元素的模块化、选择的材料的基本性和其相对位置,使空间能够以引人注目但朴素的方式予以标注,同时强调了构图的塑造性。第三个方面与建筑实践有关,它是一种理想的居住对象,既可以作为更复杂和多样化的聚合系统的一部分,也可以作为单个单位。外部设计立即展现了当时建筑文化已经熟悉的柯布西耶风格。全高玻璃表面的完美对接、深刻的凿孔和内部实验,为理性主义提供了一个与学校式单调 retorica 的对比,以及在色彩选择上明显的纯粹主义。主立面上,悬挂着“EN”标志,这是自1920年创立的杂志的标志。
其他两个侧立面虽然开放到周围的公园,但对话方式不同。事实上,一个侧立面上的深深凿孔露出了部分内部结构,顶部的大型圆窗透出高耸的树木,实现了内外环境的持续对话;另一个立面则是表面分为三部分,中间穿插着规则的窗户,被一个通向复式楼梯的入口打断。相较于周围的自然环境,这种布局显得更为保守,几乎强调了垂直连接元素的纯功能性。与使用预制钢筋混凝土的三个立面的几何规整相对应,半圆形几乎是教堂半圆形的对称体,它强调了形式的灵活性,不再受限于功能。在建筑的深处,人们进入了双层高的起居空间,其特点是一个巨大的连续玻璃窗,突出了由 Cassina 生产的悬挂家具。内部的楼梯允许进入紧密相关的住宅区。内部的布局,通过使用不同的颜色来区分不同的空间,而无需使用分隔墙或门。每个元素的存在,有时在最小的空间中表现得十分谦卑,都反映出对比例和表面的合理利用的关注,比如混凝土座椅直接置于放松环境的墙壁上,或者是淋浴间的凹槽。最后,中央的大型凉廊,可视为要容纳建筑物的众多凹槽之一。长条形窗户与金属滑动面板交替,可以调节和过滤庭院内的光线,外部墙壁上的坐凳、圆形的洞口、高高的树木和隔墙,分别是勒·柯布西耶整个作品中复杂词汇的一部分。总的来说,建筑物所展现的意图是瑞士大师想要营造一个灵活的空间,充满了光线和空气——这两个基本元素,并且具有愉悦的家居布置,这是根据设计师的想法来体现住所的意义。最终,这个作品不仅是自身的表达,也是理论与实践之间同时性的预示,是几十年来建筑和语言的思考的具体体现,逐渐变得越来越精
致和富有内涵。毫不夸张地说,“新精神”展馆虽然是为了满足特定和短暂的需求而设计和建造的,但它却成为了现代建筑的独特和不可重复的基石,以至于使其成为现代建筑的典型范例。
Prefigurazione del moderno- Riflessioni sul Padiglione dell'esprit Nouveau ricostruito a Bologna
L’intento di questo scritto, per ovvie questioni di economicità di argomentazioni e complessità tematiche, non ha certo la pretesa di riassumere quella che, a distanza di un quarantennio, ha rappresentato una delle opere più emblematiche e altrettanto travagliate della produzione del maestro svizzero Le Corbusier: il padiglione dell’Esprit Nouveau di Bologna. Prima di entrare nel merito della questione e per meglio chiarire il piano di sedime in cui s’inserisce l’opera, riflettere su alcune importanti trasformazioni, urbane e culturali, avviate nel capoluogo emiliano a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Decisivo il 1955 anno in cui l’amministrazione comunale si dota del nuovo piano regolatore quale strumento fondamentale per fronteggiare la sregolata crescita della periferia bolognese avviando, così, una delle stagioni più floride per l’architettura e l’urbanistica locale. Nel settembre dello stesso anno, in concomitanza del primo Convegno Nazionale di Architettura Sacra, personaggi del calibro di Bruno Zevi, Ludovico Quaroni, Adalberto Libera e Luigi Figini sostenuti dai maestri del movimento europeo quali: Walter Gropius, Alvar Aalto e lo stesso Le Corbusier, si trovarono riuniti allo stesso tavolo per incarichi di progettazione di nuovi edifici di culto . A prescindere dall’oggetto delle architetture commissionate, tale evento definisce con lucida premeditazione, la direzione che l’amministrazione bolognese stava percorrendo, specie nella scelta sia dei propri membri interni - Leonardo Benevolo e Giuseppe Campos Venuti per citarne alcuni - che dei progettisti incaricati come Kenzo Tange e Marcel Breuer già esperiti conoscitori della lezione modernista. A distanza di poco meno di un decennio dall’avvio dei programmi infrastrutturali, nel 1963, Le Corbusier accetta l’incarico per la progettazione di un nuovo complesso religioso per la città di Bologna che non vedrà mai conclusosi per la dipartita avvenuta nell’agosto del 1965 . Fondamentale il convegno internazionale “Problematiche dell’architettura e dell’urbanistica odierna in relazione con i processi di industrializzazione”, in cui vengono conferiti incarichi per la progettazione dei nodi fondamentali per lo sviluppo della città . Il tema centrale del convegno ruotava intorno al dualismo tra prodotto d’architettura e processi di automazione e produzione in larga scala, due tra gli aspetti peculiari del padiglione dell’Eprit Nouveau. Infine, non è da sottovalutare il ruolo della rivista Parametro che, per circa un trentennio di ricerche e pubblicazioni, ha rappresentato una alternativa autorevole alle più blasonate riviste milanesi e romane. Specie tra gli anni ’70 e ’80, grazie alla capacità di leggere e interpretare i segni del cambiamento raccogliendo le pulsioni moderniste del tutto svincolate delle speculazioni del consumismo intellettuale dei grandi centri. In questo clima di fermento culturale e accese diatribe teoriche, l’intuizione di Giuliano e Glauco Gresleri, di proporre a Bologna il progetto di ricostruzione del già distrutto padiglione realizzato da Le Corbusier per l’Expo parigina del 1925. Se, per un momento, si bypassa la mera concezione didascalica di elementi comuni reiterabili che permettono una qualsiasi categorizzazione di genere, è possibile scorgere la vera essenza del padiglione. In maniera riduttiva, ma esaustiva, potremmo dire che l’intero iter progettuale ruota intorno a tre aspetti fondamentali: il prototipo, l’ideologizzazione del contenitore e il dualismo tra prodotto seriale e manufatto unico. Venendo al primo concetto più che parlare di: «primo esemplare, modello originale di una serie di realizzazioni successive, costruito per lo più artigianalmente, nella sua grandezza normale e suscettibile di collaudi e perfezionamenti» , dovremmo parlare di architettura archetipa del moderno. Seppur non in maniera univoca, il padiglione dell’Esprit Nouveau rappresenta una macchina per abitare unica nel suo genere e del tutto replicabile in maniera seriale e modulare. L’ossimoro concettuale inquadra due cardini della poetica lecorbusierana, altalenante tra perizia progettuale, scrupolosa analisi proporzionale e certosina cura del dettaglio intrisa di lirismo con l’altissima capacità di replicazione del prodotto, del costo di produzione contenuto e dell’intrinseca dote modulare determinata dalla composizione. Per quanto afferisce il secondo punto, il tema dell’ideologizzazione del contenuto si esplica nello studio dell’arredo interno e della disposizione dello stesso. La modularità degli elementi, l’essenzialità dei materiali scelti e il relativo posizionamento, permettono allo spazio di connotarsi in maniera suggestiva ma sobria esaltandone il plasticismo della composizione. Terzo e ultimo aspetto attiene alla prassi architettonica quale modello ideale di oggetto per abitare sia come parte di un sistema aggregativo più complesso e articolato sia come singola unità. L’impaginato esterno denuncia, immediatamente, gli stilemi dell’abecedario lecorbusierano già noto alla cultura architettonica del tempo. La perfetta giustapposizione di superfici vetrate a tutt’altezza, le profonde bucature e sperimentazioni interne, offrono il perfetto connubio tra un razionalismo edulcorato dalla scialba retorica scolastica e un purismo pittorico evidente nelle scelte cromatiche. Sul prospetto principale, dove campeggia la sigla “EN” patronimico della rivista fondata nel 1920.
I restanti due prospetti laterali pur aprendosi sul parco circostante dialogano in maniera differente. Infatti, se da un lato la profonda bucatura che lascia intravedere parte dell’andamento interno e il grande occhio in copertura da cui emerge un alto fusto arboreo, permette il continuo scambio dialettico tra interno ed esterno, dall’altro la tripartizione superficiale intervallata da corpi finestrati regolari è interrotta dalla scala di accesso al duplex. Disposizione che si pone in maniera più riservata rispetto all’ambiente naturale circostante quasi a volerne esaltare il dato puramente funzionale dell’elemento di collegamento verticale. Alla stereometrica regolarità dei tre prospetti, in cls armato prefabbricato, si contrappone il volume semi curvo, quasi absidale, del diorama. Quest’ultima zona, destinata all’allestimento di mostre ed eventi collaterali, sottolinea la flessibilità della forma non più schiava della funzione. Proseguendo verso il ventre del manufatto si è accolti nel grande spazio a soggiorno dotato di doppia altezza e caratterizzato dalla grande vetrata continua che mette in risalto l’arredo a sospensione prodotto da Cassina. Il corpo scala interno permette l’accesso ai locali di stretta pertinenza dell’alloggio. La distribuzione interna, connotata dall’uso di colori differenti ne identifica i luoghi senza l’utilizzo di tramezzi divisori o porte. Ogni elemento presente, talvolta francescano nel dimensionamento minimo degli ingombri, riflette l’attenzione per le proporzioni e l’impiego razionale delle superfici, come ad esempio l’inserimento della seduta in calcestruzzo direttamente collocata lungo la parete dell’ambiente relax o la nicchia in cui doveva alloggiarsi la doccia. Non ultima, la grande loggia centrale, da concepirsi come una delle numerose asole presenti all’interno della stecca in cui si doveva collocare il manufatto. La lunga finestra a nastro intervallata da pannelli scorrevoli in metallo permette di modulare e filtrare la luce all’interno del patio, la seduta ricavata dal pieno della parete perimetrale esterna, il foro circolare dal quale si erge l’alto fusto e il portellone-setto murario che separa o mette in comunicazione i due ambienti, sono solo alcuni segni del complesso lessico che ha caratterizzato tutta la produzione di Le Corbusier. Più in generale, ciò che traspare dall’oggetto architettonico realizzato, è la volontà del maestro svizzero di restituire uno spazio flessibile, fortemente connotato dalla penetrazione di luce ed aria - due elementi fondamentali - e una gradevole disposizione dell’arredo, fondamentale a esplicare il senso dell’abitare secondo il progettista. In definitiva tale manufatto oltre a essere espressione di se stesso, ossia prefigura simultanea tra teoria e pratica del progetto, rappresenta la concretizzazione fisica di decenni di speculazioni architettoniche e di linguaggio via via sempre più raffinato e dal significato sotteso. Potremmo dire, senza incorrere in errore, che il padiglione dell’Esprit Nouveau, pur essendo un manufatto pensato e realizzato per ottemperare a esigenze specifiche e limitate nel tempo, s’impone come pietra angolare unica e irripetibile all’interno della produzione in serie di moduli abitativi a tal punto da renderlo archetipo dell’architettura moderna.